Recensioni

Ogni foto rende visibile un pensiero. Ogni scatto porta con sé una sua veritas, un respiro della superficie increspata del mondo. […] è attraverso il suo sguardo, originale e sensibile, che possiamo riscoprire dettagli significanti, […] particolari di vita che raggiungono la bellezza del pensiero astratto; nelle pieghe delle cose del mondo Angela coglie puri istanti di gioia visiva. – Paola Facchina (storica dell’arte)

– […] Le opere di Angela Chiti declinano da un linguaggio puramente astratto, dove il colore e la luce accompagnano lo sguardo dell’osservatore in un’atmosfera sospesa, a opere in cui la visione della realtà emerge allusivamente. Le forme appaiono quindi trasfigurate, parvenze vaghe che si direbbe provengano dall’inconscio dell’autrice, come se transitassero in uno spazio di confine tra la realtà e la visione onirica. – Paolo Levi (critico d’arte, giornalista, saggista)

​​– […] Angela Chiti espone i suoi ultimi microcosmi informali. Queste immagini non hanno nessuna condizione fisica che materialmente le lega a un luogo come a una circostanza, ma respirano e trasmettono un sentire profondo e lontano, che non ha tempo e non ha luogo.
Spesso la realtà appare mostrando allo sguardo sensibile, come all’obiettivo di Angela Chiti, un lontano che perdura. Ritrovarne i segni, decifrarne l’entità, è svelare agli occhi l’esplicito nascosto del reale che appare. Immagini nelle immagini, vita sottaciuta nell’imminenza del dire, forme nascenti tra le pieghe di ciò che si mostra. Angela, grazie alla sua sensibilità che sa arrivare oltre, lì dove spesso le circostanze ci inducono a fermarci, asseconda con i suoi scatti il dialogo nascosto del mondo e lo mette in luce […] La fotografia di Angela Chiti sovverte l’idea che la foto, in quanto tale, immobilizzi, nella cattura del suo scatto, il reale manifesto ma, al contrario, ne rende ora visibile il suo esplicito imperscrutabile. – Sonia Zampini (storica e critico dell’arte)

– […] Angela dà forma all’incomprensibile. Con un linguaggio, che intuiamo ma che non riusciamo del tutto a decodificare, plasma materie implasmabili, si insinua nelle sequenze genomiche e geometriche delle più svariate superfici del sogno o della realtà. Sono immagini in assenza di peso specifico, aliene alla gravità, al tempo e a qualsiasi anatomia. Vi si possono immaginare lievi tracce materiche di realtà, ma forse è soltanto una necessità razionale di chi guarda e non accetta di lasciarsi andare al vuoto di pochi elementi immersi nella luce e nel colore. Un vuoto permeato da un’ “essenza” silenziosa che l’artista ha intuito e fermato attraverso la fotografia. Con l’intenzione – forse – di sospendere, anche solo per un istante, il ritmo convulso del vivere, e spostare l’attenzione su tutto ciò che ogni giorno sfugge, cancellato dall’urgenza. – Alessandra Borsetti Venier (editore e critico d’arte)

– […] Angela Chiti crea un mondo tutto suo, un mondo diverso, che vive di sogno e di poesia; un mondo che l’arte sembra voler rigenerare per una nuova vita e che essa consegna così trasformato alla nostra fantasia. Di tutto questo mondo ella si impossessa e, allo stesso tempo riesce a farne “altro”, decontestualizzandolo nel momento stesso in cui lo fotografa, rendendolo quello che la sua immaginazione prefigura. – Lara Vinca Masini (storica e critico d’arte)

– […] E’ avvertibile come l’immagine di Angela Chiti risulti determinata da matrici diversificate e dall’azione concorrente dei codici del sentimento e della memoria, fino ad arrivare a quelli più sottili del sogno e dell’inconscio. Si tratta quindi di un elemento esistenziale forte, condotto sul filo di un’empatia vitale. Ciò accade perchè Angela Chiti abita poeticamente il mondo, gli ambienti che la circondano e che si offrono al suo sguardo, secondo un’estetica dell’incontro e dell’esperienza che non è passiva registrazione di cio che c’è ma attivo posizionarsi nei confronti dell’immagine e della forma.[…] – Luca Landi (filosofo, critico di arti visive)

– […] Avanza in queste foto di Angela Chiti una muta e dolente umanità che sembra ridestarsi da un letargo di pietra. E riprende a respirare. La mostra che presentiamo è frutto d’un viaggio che Angela Chiti ha fatto dentro la scultura del Novecento, in gran parte toscana. Privilegiando le figure femminili. C’è in questa scelta la chiave della sua ricerca artistica che muove sempre da un’esigenza fortemente autobiografica per arrivare a un tentativo di sintesi che valga per tutti. Come sosteneva lucido Klaus Mann: “Non possiamo scrivere che a partire da ciò che ci condanna a stare sui carboni ardenti”. Qual è la sfida di “Respiro di pietra”? Affrontare un totem come la scultura in condizioni non ancillari, con la fotografia che combatte ad armi pari. […] – Ivan Teobaldelli (scrittore)